Ora è la maestra di Lambrate



…che il nostro Ente [Nazionale Sordi] rispetti il luogo di sepoltura della benefattrice Doppelbauer provvedendo a tenere in ordine la tomba anche con la posa di una pietra con inciso nome, cognome, date di nascita e di morte e con la dicitura «benefattrice dei sordi».

La tomba è in ordine e anche i fiori, che sono dipinti.
Manca solo la dicitura "benefattrice", ma non importa.
Per verificare basta andare al cimitero di Lambrate e cercare il numero 635 del reparto 300 oppure chiedere le indicazioni all'ingresso.
Ma anche senza andarci, nessuno la dimenticherà.



E qui saluto tutti e chiudo.
Anzi, passo e chiudo, perché se mi mandate nuovo materiale si ricomincia.

Che ne dite di rivederci tutti il 16 aprile 2018 per il centenario?

Ciao


Tamborini


Gite

Un argomento enorme come questo meriterebbe molto di più, ma ho poco materiale e pochissima memoria.

Ho trovato:

Allevamento di cani Del Dosso nel parco di Monza


Ortomercato




Visita all'Istituto per sordomuti "G. Tarra"




Val Camonica





Villa Taranto






Firenze





E qui sotto? Una deviazione nella gita a Ravenna?




Avanti voi con i ricordi.


L.T.

In classe

Chi ricorda i nostri posti? Io non ricordo neanche il mio.
Sarà perché la maestra ce li cambiava spesso o per le mie ridotte facoltà mentali?



E la lavagna luminosa, la ricordate?
Quella la ricordo, mi piaceva, così tecnologica!


E le mascherine di Carnevale con due Zorri, oltretutto vicini di casa (non potevano mettersi d'accordo)?


Chi c'è ma non si vede è chi faceva le foto, mio padre, cui si deve buona parte del blog e, senz'altro, il suo titolo.
Quali altre incursioni dei genitori ci furono?
Può essere che venne un papà Manni a spiegarci che cos'è il calcestruzzo? O vaneggio?

Mio padre venne anche con la chitarra a fare il sottofondo musicale della recita di Natale, un effetto speciale che la maestra ottenne relegandolo dietro la lavagna.
La recita con la canzoncina da imparare a memoria in tedesco: vogliamo parlarne? Sicuramente, una delle vette della didattica estrema della maestra. I ruoli principali erano di Caniato e Tantardini, giusto?

Vaneggiate un po' voi adesso.


L.T.

Extradidattica

Non ho trovato nulla sulla visione integrale a puntate dell'Italia vista dal cielo di Folco Quilici.
Una volta sono stato operato da un tale dottor Quilici e quando mi ha confermato che era parente di Folco ho vantato la visione integrale dell'Italia vista dal cielo. Ma lui non l'aveva mai vista e non sembrava gliene fregasse molto.

Ho trovato:

Sceneggiato Robinson Crosue, con tanto di articolo sul Corriere (credo) con interviste a Monteratici, Cagnato, Tosi, Bellavite e Ferraro (sic).



Le avventure di Arlecchino al Teatro dell'arte.


Filmino Vita in un borgo medievale.



Il Ladro di Bagdad al cinema Leonardo.





Andate avanti voi con i ricordi, che i miei son consumati.


L.T.

Primo mese di scuola

Il cortile della Leonardo
Del primo giorno di scuola ricordo due cose
Che all'appello-adunata in cortile mia mamma (anzi, la mia mamma, come pretendeva che scrivessimo la maestra: Maria Dotti ci dica se aveva ragione) mi disse: "C'è anche un altro Leonardo!".
E che Abrami pianse un disperatamente e fu l'unico.
Io ero tranquillo ma dai modi sicuri della maestra nel dirigere tutti ebbi l'impressione di essermi arruolato in una specie di esercito.
Impressione giusta.



Prima pagina del primo quaderno.



Ricordo che Montelatici obiettò di essere nato a Londra. E che la maestra lo neutralizzò con un discorso sul concetto di patria.
A proposito, non so fu per un caso, ma ricordo che in classe avevamo una cartina dell'Italia ante seconda guerra mondiale, con l'Istria ancora italiana.

Notare:
  1. le bandierine in stile littorio
  2. la iniziale minuscola di patria, segno che alla maestra - in fondo - importava più la forma italiana del nazionalismo
  3. il voto, stringato come al solito e che non premia neanche un po' la fatica che traspare tutti quegli aggiustamenti delle linee
  4. la firma di mia madre che, due anni prima della riforma del diritto di famiglia, usa il cognome del marito

Qui sotto, invece, il "benino" ci sta tutto.
Già mostravo scarsa attenzione per le teorie creazioniste.





L.T.


Foto ufficiali: la storia della foto in tuta


Vedi post Le foto ufficiali
La maestra voleva farla rinviare perché non avevamo l'uniforme!

Una volta tanto qualcuno - probabilmente il fotografo, a cui non fregava nulla del prestigio della Doppelbauer - è riuscito a contenerla.

E la maestra "fu costretta a scendere": espressione scelta con gusto per descrivere la scena, che evidentemente non mi dispiacque, in cui Davide-fotografo sconfigge Golia-maestra.

E poi c'è la mia ennesima bugia: sulla mano della maestra.



L.T.

"La più forte del girone"



Amavo il calcio ma non ero ricambiato. Ero una pippa.
Mio padre - credo in terza - si assunse l'onere di mettere insieme la squadra.
Ma il calcio non era la sua specialità.
Cedette volentieri la panchina al signor Bellavite, molto serio e preparato, lasciandogli in eredità un nome molto azzeccato, "I Doppeldiavoli", che purtroppo credo cadde presto in disuso. Dal nome dipese il colore della maglia, rosso, che ci dava personalità tra le tante banali magliette bianche degli avversari.


I Doppeldiavoli di Bellavite
Nella foto anche la maestra, che venne a vederci più di una volta pur non capendo assolutamente nulla di calcio ("ditemi quando devo applaudire", chiese) e mia sorella con un cane mascotte
Il torneo della Leonardo da Vinci si giocava all'oratorio di Santo Spirito in via Valvassori Peroni ed era molto seguito.
Il signor Bellavite ci allenò, istruì e in quinta ci portò in finale, un risultato al di sopra delle più rosee aspettative, riuscendo anche  a rispettare il principio che tutti dovessero giocare.

Medaglia di partecipazione
al torneo di calcio

Forse per evitare sospetti di nepotismo, il nuovo mister assegnò al figlio il poco ambito ruolo di portiere. Comunque sia andata (Ghinga, aspettiamo delucidazioni), Bellavite Jr. interpretò il ruolo con grande impegno e senza mai lamentarsi. Diversamente da altre classi che affidavano la porta a rotazione per non scontentare nessuno, noi avevamo un portiere vero. Un punto di forza.
A parte le pippe - che giocavano il minimo sindacale decubertiano - e quelli che se la cavano decentemente, gli altri nostri punti di forza - se non ricordo male - erano Koenig, fortissimo, affiancato da De Leva, tecnico ma meno potente, e Persico che, pur non avendo mai giocato prima a pallone (ricordo lo disse suo padre), correva come un matto.

E arriviamo alla grande chicca di questo post.
La mia mamma, collaborando alla mostra dei 60 anni della Leonardo da Vinci (che aveva fatto anche lei come tutto il resto della mia famiglia), raccolse quello che poté degli ex alunni più famosi. E trovò questo tema della quarta F, la classe di un certo Paolo Maldini.
Per chi non lo sapesse, è stato il più grande giocatore della storia del calcio italiano e ha vinto e rivinto tutto, tranne il mondiale.
Ebbene, anche Maldini partecipò al torneo della scuola e, come si legge nel tema di un suo compagno, la sua classe... AVEVA PAURA DELLA QUINTA C,  "la squadra più forte del nostro girone". Capito? Maldini aveva paura della quinta C!
La partita l'hanno vinto loro (che erano pure in inferiorità numerica) colpendo anche due pali (dice il fazioso cronista, va' a sapere...).
Ma non importa, noi eravamo già matematicamente qualificati.
E poi in finale ci arrivammo noi, non loro.








Cecchi e Ruggeri

Titolo a effetto di questo post poteva essere "Il bastone e la carota" con riferimento non al metodo di insegnamento del nuoto, in realtà molto più rozzo, ma allo strumento di tortura utilizzato dal Walter e ai capelli della sua compagna di merende Ruggeri.
E sì, perché anche questo è venuto fuori dallo scatolone:




Mi scuso per il vile contenuto del testo, che farebbe concorrenza a quello di un dissidente costretto a parlar bene del regime dal suo gulag siberiano.
L'unico scatto di dignità è la denuncia del capello tinto della Ruggeri.
Altro che "molto entusiasta" (che tra l'altro non si dice), altro che "migliorare lo stile" (quale?), ricordo le vasche a dorso e lui che ci allungava 'sto bastone perché noi ci aggrappassimo. Ma che metodo è?

Ricordo che a un certo punto smettemmo di andarci, perché?
C'è ancora la piscina?
Belli dovevano essere i mosaici, però.

L.T.

Minimarcia "Città Studi"


Incominciamo l'inserto sportivo con la Minimarcia Città Studi, 9 giugno 1974.
Notate le dita a "V". Chi ci suggerì un gesto così anglo-americano? La maestra?





Conservo ancora la medaglietta, restando una delle più prestigiose imprese sportive completate dal sottoscritto.






Lasciando da parte il calcio, di cui parlerò nel prossimo, qualcuno ricorda qualcosa del nuoto che i primi anni facevamo dentro la scuola? Noi maschi avevamo un istruttore nazista o sbaglio?
Qualcuno ricorda altre attività o uscite sportive (non calcistiche)?

L.T.

La maestra di Città Studi

Ritaglio conservato da Rossella Tomassini

Chissà chi era "B.B.W." che l'ha scritto.
Sappiamo solo che era stata/o ben informata/o da qualche mamma.
La maestra è dipinta con i seguenti termini, riportati tali e quali dall'articolo:
  • apprezzata e temuta
  • capace di inquadrare ragazzini per la vita e di sfornare eccellenti studenti
  • fonte di patemi per i genitori
  • capace di trasformare mocciosi in ragazzi maturi e riconoscenti nonostante le sue "angherie" [virgolette dell'autore]
  • sicura e dotata di forte tempra
Strana terminologia per un articolo che voleva essere celebrativo.
Oggi manderebbero un'ispezione.
Ieri, invece, tanti genitori chiedevano di averla come maestra per i propri figli.
Così fecero anche i miei. E non furono i soli, il che spiega anche perché la nostra classe fosse più numerosa delle altre.
Tra gli altri ci fu la mamma di Pagnoni, che ha conservato la lettera alla "signorina" direttrice della Leonardo Da Vinci.



Le foto ufficiali


Non sto a mettere i nomi.
A chi avesse dei dubbi non suggerisco di aiutarsi leggendo la didascalia della foto del primo post, vista la involuzione.
Era quarant'anni fa o forse trentanove, perché non ricordo se ci facevano le foto in autunno o a primavera. Propendo per la seconda ipotesi, data l'abbondanza di pantaloni corti.

Ricordo che si doveva stare attenti al momento dello scatto, che forse era uno solo, per evitare di essere additati alla consegna della foto - e ancora oggi dai lettori del blog - per una smorfia orrenda.
Era una buona l'occasione per stare in mezzo a due compagne, come voleva la disposizione a scacchiera. Piacere che, però, mi fu sempre negato. Oltre che ai due accucciati, in prima fu negato a me e al De Leva per motivi di numeri. E gli anni successivi mi fu ancora negato per svariati motivi.
Non ambivo al posto vicino alla maestra, che poteva essere spunto qualche risolino dei compagni. Ma l'anno dopo mi toccò proprio quello, inducendomi un sorriso forzato. 


In terza andò peggio, addirittura con la mano della maestra sulla mia spalla!
Espressione da recluta atterrita.


Gli ultimi due anni, invece, ci fu un rilassamento dei costumi, con il passaggio al colore, foto storta, gente che passeggia dietro e l'abbandono della scacchiera. E io... ancora niente compagne.





Restano alcune domande:
Perché la Ferrario e la Mensi in terza non erano in tuta?
E in quarta perché Weiler lo era?
E poi, chiede Rossella Tomassini:
ma i calzini lunghi e rigorosamente bianchi facevano parte della divisa? io lo noto adesso!!!! anche se la Ferrario "esce" con un rosso fiammante!
Ai grembiuli della maestra riesco a dare un solo significato: spirito di servizio.
Faceva moltissimo e molto sbagliava ma di sicuro ce la metteva tutta, dedicandoci tutta la sua persona.


L.T.

5 anni dopo

- 14 giugno 1978 -

Questo è il commiato della maestra dettato alla classe l'ultimo giorno di scuola, che Roberta Ferrario ha conservato.

Quello che c'è scritto credo sia vero, compresa la teoria del fine che giustifica i mezzi (durezza e severità per scuotere e spronare).
Teoria che è sbagliata, perché i mezzi sono importanti e se non sono leciti non lo sono e basta, indipendentemente dalla bontà del fine.
La maestra la pensava in un altro modo, ma almeno aveva il coraggio di ammetterlo. Un'altra avrebbe detto: "Io? Io non ho mai... mai mi sarei permessa di ecc. ecc." Viva il coraggio delle proprie idee, anche se sbagliate.
Da notare che "scuotere" per lei non era propriamente una metafora. Ricordo che una volta mi scosse tenendomi per i capelli. Cose dell'altro secolo.
Meno male che "spronarci" è rimasta metafora, visto che per la Treccani significa: "Pungere, stimolare con gli sproni".

Non mi piace il riferimento ai "meno volenterosi" (immaginiamo che ci fosse anche una versione per i maschi).
In realtà, volenterosi eravamo tutti, solo che alcuni corrispondevano al suo modello di bambino e altri no, tutto qui, ed è stato molto ingiusto chiamare "meno volenteroso" chi non corrispondeva.
Del resto, scagli la prima pietra chi non ha mai fatto lo stesso errore con i propri figli o allievi (per chi ce ne ha).

Sulla disponibilità era sincera.
Bello quel numero di telefono (senza prefisso, démodé), più diretto e intimo della @ che si userebbe oggi. Quel paio di volte che sono andato a trovarla - una con il Pepa, se non ricordo male - era sempre ospitale e apriva casa sua senza cerimonie e senza bisogno di particolari preavvisi (in questo non era triestina).

Era sincera anche sul fatto che ci avrebbe ricordato per sempre e che avrebbe sempre voluto che riuscissimo in tutto (anche troppo).

Grazie a Roberta Ferrario, anche per la grafia leggibilissima.


L.T.

40 anni dopo


- 19 ottobre 2013 -


In piedi, da sinistra: Alessandro De Santis, Cinzia Mariani, Pietro Tantardini, Rossella Tomassini, Alessandro Caruso.
Seduti, da sinistra: Alessandro Koenig, Carlo Bellavite (noi lo conoscevamo così, senza l'aggiunta di Pellegrini), Leonardo Tamborini, Loretta Mariani, Lorenzo Montelatici, Maria Dotti, Paola Maccabelli, Roberta Ferrario, Luigi Pagnoni.

Assenti o irreperibili: Filippo Abrami, Riccardo Caniato, Leonardo De Leva, Massimiliano Modolo, Emanuele Persico, Nicola Scolastico, Riccardo Weyler, Simona Barbini, Silvia Manni, Monica Mensi, Valentina Secchi, Michela Tosi.


Siamo tutti alunni della maestra Paola Doppelbauer Andreini, la sezione C della scuola elementare Leonardo Da Vinci 1973-1978.
La maestra è nata il 16/4/1918 a Trieste (che, per pochi mesi, faceva ancora parte dell'Impero Austro-Ungarico) ed è morta a Milano il 13/6/2007.
Vedova, senza figli e con una sorella sorda morta prima di lei, ha lasciato tutti i suoi beni all'Ente Nazionale Sordi, che si è impegnato a curare la sua tomba che si trova al cimitero di Lambrate.
Questa è l'unica notizia che di lei si trova su Internet. Per ora, perché adesso c'è questo blog...
Era una maestra di un'energia incredibile, che ci ha inculcato molte cose, che ci sono state tutte utili nello studio e nella vita. I suoi metodi erano forti come lei, a volte eccessivi, di sicuro oggi non sarebbero più praticabili.
In ogni caso le vogliamo bene, anche perché quegli anni con lei sono stati una grande esperienza che ci fa sentire ancora vicini a chi l'ha vissuta con noi. Anche dopo 40 anni, anche se ci vediamo ogni 10 e anche se siamo tutti diversissimi.

Vi è piaciuto il pensierino?
Secondo me la maestra mi avrebbe dato al massimo: "Benino".
Non sono mica Koenig o la Maccabelli...

Questo blog è per noi.

Ogni tanto, quando avrò tempo, pubblicherò una foto (una foto, un post), di tutte quelle che conservo, cui spero di aggiungere altre che mi manderete.
Di ogni nuovo post-foto sarete avvisati per email.

Ma, attenzione:

  1. non pubblicherò il post-foto successivo finché non vi sarete sprecati in qualche commento al post-foto precedente
  2. nei commenti chiamate i compagni per cognome
  3. mandatemi le foto che avete
  4. continuate a dare la caccia agli irreperibili
  5. fate crepare di invidia gli assenti
Se volete vedere il prossimo, iniziate a commentare!


L.T.